E’ l’effetto del taglio del cuneo fiscale che ha consentito un recupero di 30-40 euro mensili già nel 2022.
Nel mese di ottobre 2023 lo stipendio dei lavoratori dipendenti aumenterà di 100 euro e in un caso su quattro anche oltre. E’ la simulazione che l’Inps fa nel suo22esimo rapporto annuale, presentato nei giorni scorsi. L’aumento dei salari è dovuto al taglio del cuneo fiscale, deciso dal governo (che probabilmente lo prorogherà anche per il 2024) per contrastare la perdita del potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Il provvedimento ha già prodotto degli effetti nel 2022, con un recupero in busta paga dai 30 ai 40 euro mensili sui redditi medio-bassi.
Lo scorso anno è infatti stato introdotto un esonero direttamente sulla quota contributiva a carico del lavoratore, quota aumentata fino al 7% dal 1 luglio al 31 dicembre 2023 per le retribuzioni che non superano i 1.923 euro mensili, cioè 25 mila euro l’anno, e al 6% per lavoratori con reddito fino a 35mila euro annui. Secondo l’Inps nel mese di ottobre 2023 si arriverà dunque ad un aumento di circa 100 euro dell’imponibile fiscale mensile, con circa il 25% dei lavoratori che arriverebbe a beneficiare anche di importi superiori ai 125 euro mensili e in qualche caso oltre i 150 euro. Per i lavoratori full time e ‘full month’, l’ammontare medio dell’esonero arriverebbe a 123 euro. “Si tratta di importi – si legge nel rapporto – assolutamente non trascurabili considerato che il valore medio mensile delle retribuzioni lorde è di circa 1.500 euro”. L’unica criticità – sulla quale il governo dovrà probabilmente lavorare a una soluzione – è il fatto che con il taglio al cuneo fiscale e al conseguente aumento dell’imponibile sale l’Irpef e quindi ci sono più tasse da
Lo stipendio medio nel 2022: 25mila euro l’anno
La retribuzione media annua pro capite nel 2022 è risultata pari a 25.112 euro, un 4% in più rispetto al 2019, ovvero una cifra inferiore all’inflazione registrata in particolare dallo scoppio della guerra di Crimea in poi.
Salari più alti di 10mila euro l’anno nel settore pubblico
Dal rapporto Inps emerge anche che chi lavora nel pubblico ha uno stipendio più alto, mediamente di 10mila euro in più l’anno. Questo però – precisa l’istituto di previdenza – è dovuto al fatto che nel pubblico si lavora mediamente di più, circa 10 settimane in più all’anno”. E’ insomma la maggiore stabilità occupazionale a garantire stipendi più elevati a chi lavora nel pubblico. Settore nel quale è meno evidente il divario di genere. La penalizzazione nell’essere donna in termini di redditi annuali nel settore privato è infatti del 6,9%, nel pubblico soltanto dell’1,9%